
Il Coronavirus è piombato in Marocco e in tutto il mondo come una valanga, come un fiume in piena, travolgendoci tutti nel suo corso impetuoso e sconvolgendo le nostre vite.
Ho cominciato a sentire parlare di Coronavirus al TG a dicembre, e un po’ più insistentemente a gennaio 2020, ma si riferiva soprattutto alla Cina, alla città di Wuhan e alla regione circostante, si parlava di lockdown, ma tutto sembrava davvero così lontano da noi che nessuno si è allarmato più di tanto, io meno di tutti. Le nostre vite hanno continuato a scorrere normalmente, la routine giornaliera non ha subito alcuno scossone, fino a quando a febbraio il virus è sbarcato in Europa, in Italia. I primi casi in Lombardia e Veneto, con il seguente lockdown delle due piccole cittadine interessate, ma tutto sembrava circoscritto a queste due città appunto, poi invece c’è stata l’escalation: i numeri delle persone colpite dal virus sono aumentati vertiginosamente e il lockdown è stato infine esteso a tutto il territorio nazionale il giorno 8 marzo.
Sembrava che il virus riguardasse unicamente la Cina, lontana, e l’Italia molto più vicina. Da italiana all’estero ho cominciato a provare una sensazione strana, a non sentirmi più a mio agio quando per varie volte in medina qualcuno mi ha gridato dietro:
“Italiana? Coronavirus!”
Inoltre il primo caso in Marocco è stato quello di un cittadino marocchino che viveva in Italia e che era venuto in visita alla famiglia, rafforzando ancora di più l’idea che a portare il virus fossero gli italiani. Tanto che il giorno 10 marzo il Marocco ha chiuso le frontiere con l’Italia.
Intanto i casi cominciavano a diffondersi nel resto d’Europa e quindi il 15 marzo il Regno ha chiuso completamente le frontiere impedendo a chiunque di entrare ed uscire. Il governo marocchino ha poi giocato d’anticipo e il 19 marzo, nonostante i casi riscontrati in Marocco si contassero ancora sulle dita di una mano, ha annunciato il lockdown di tutto il paese a partire dal 20/3 e per un mese, fino al 20 aprile. Le misure draconiane adottate in Marocco dovevano servire ad arginare la diffusione del virus nel paese, e così è stato. All’indomani della chiusura il Re ha ordinato al Governo la creazione di un fondo di 10 milioni di dirham (circa 1 milione di dollari) destinato alla gestione di questa emergenza sanitaria, e il denaro stanziato è stato utilizzato per:
- la creazione di nuovi posti di terapia intensiva,
- la creazione di ospedali da campo destinati alla cura del Covid-19
- l’estensione delle cure sanitarie a tutti (da tenere presente che in Marocco non esiste la Sanità Pubblica e tutte le varie prestazioni sono a pagamento)
- l’erogazione di uno stipendio di 2000 DH (circa 200€) mensile a tutti coloro con un regolare contratto di lavoro che però a causa del lockdown erano impossibilitati a percepire uno stipendio
- l’erogazione di un bonus mensile di 80/90€ circa alle famiglie in condizioni di indigenza ma senza un regolare contratto di lavoro.
Il paese ha dato da subito un’enorme prova di senso civico e nonostante le tantissime difficoltà di molte persone, soprattutto nei quartieri popolari delle grandi città e anche nelle sperdute zone rurali dell’interno del paese, tutti hanno rispettato le direttive del governo chiudendosi diligentemente in casa. E così sono trascorsi i mesi, anche il sacro mese del Ramadan (che quest’anno è stato dal 25 aprile al 24 maggio), l’Eid el Fitr, fino alla fine del lockdown il 10 giugno scorso.
L’11 giugno ha segnato l’inizio della Fase 2 di questa emergenza sanitaria, che ha previsto l’inizio di un leggero deconfinamento e la suddivisione del paese in zone 1 e 2, o meglio ancora zone rosse e zone verdi:
- le città e province considerate “verdi” hanno potuto riprendere parzialmente i trasporti, la possibilità di uscire di casa e di città senza l’utilizzo dell’autorizzazione, la riapertura di caffè e ristoranti ma unicamente con il servizio di asporto;
- le città e province considerate “rosse”, come Marrakech, Tangeri, Kenitra e Larache, hanno continuato invece a mantenere le stesse misure della Fase 1.
E’ solo dal 25 giugno scorso che anche nelle zone rosse si è cominciato a godere di un po’ più di libertà di movimento anche se permane il divieto di spostamento, senza autorizzazione, dalle zone rosse a quelle verdi e viceversa.
Lo stato di emergenza sanitario è stato prolungato ulteriormente di un mese fino al 10 settembre, le frontiere rimangono chiuse al turismo, e sono state aperte eccezionalmente dal 15/7 al 31/8 per permettere ai marocchini rimasti bloccati all’estero di rientrare in Marocco e agli stranieri rimasti bloccati in Marocco di raggiungere i propri paesi di origine.
In questo ultimo mese il numero dei test somministrati è aumentato e di conseguenza è aumentato anche il numero dei casi registrati nel Regno, anche se fortunatamente si resta ben lontani dai numeri dell’Italia, dell’Europa e del resto del mondo. Per un aggiornamento puntuale di tale situazione si può far riferimento al sito ufficiale del Ministero della Salute del Marocco http://www.covidmaroc.ma/pages/Accueil.aspx
Ci auguriamo tutti che questa situazione sanitaria migliori in tutto il mondo e che piano piano si possa riprendere un minimo di vita normale che permetta alle persone di ritornare al lavoro e guadagnare di che poter sostentare le proprie famiglie. Un auguro sincero per tutti, INSHALLAH!